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Depressione natalizia, come superarla.

L’ansia da Natale esiste ed è un periodo di tristezza che tocca molte più persone di quello che immaginiamo. La bella notizia è che dura poco. Vediamo allora in questo articolo cos’è la depressione natalizia e come possiamo superarla.

Depressione natalizia, come superarla.

Il countdown della depressione natalizia inizia con l’avvicinarsi delle festività. Appena le città si addobbano a festa con luci e decorazioni sparse ovunque, alcune persone iniziano a fare i conti con la tristezza, sicuri che arriverà inesorabile come ogni anno.

C’è chi, infatti, sembra provare una vera avversione verso il Natale e non vede l’ora che finisca, perché invece di portargli serenità, gli provoca ansia e sconforto. Spesso questi individui vengono paragonati al “Grinch”, il personaggio ideato da Dr. Seuss, noto per disprezzare lo spirito natalizio. In realtà, quella che alcuni chiamano “depressione natalizia” è una condizione ben riconosciuta. Per il mondo è il “Christmas Blues” che, secondo alcune ricerche, affligge circa una persona su due.

Qual è il motivo per cui le festività possono suscitare tristezza?

Sembra una condizione sine qua non, ovvero a Natale è obbligatorio mostrarsi felici. E’ come se dovessimo mettere in standby le nostre preoccupazioni, i nostri disagi, le nostre insicurezze. Inoltre, il Natale è un periodo di riflessione personale, un momento in cui ci si confronta con ciò che si è fatto e con ciò che si desidera per il futuro. A Natale si può fare. Lo vedi e lo senti ovunque. Dagli spot pubblicitari, le luminarie appese per le vie del paese, le luci delle case e la corsa ai regali.

Quindi non è previsto per chi vive da solo, chi ha pochi amici, chi ha recentemente perso una persona cara, gli anziani o chi ha problemi di salute, sentire il peso delle festività.

La verità è che sono queste aspettative a generare una grande quantità di stress.

Come si manifesta il malessere durante il Natale?

I sentimenti negativi durante le festività natalizie possono manifestarsi in vari modi, a seconda della persona, ma alcuni segni sono abbastanza comuni. Tra questi, un abbassamento dell’umore che può includere:

1-tristezza, senso di vuoto e demoralizzazione, che non sono legati a eventi concreti

2-mancanza di motivazione o interesse nelle attività quotidiane

3-disturbi nel sonno e nell’appetito

4-ansia, stress e una generale mancanza di energia

5-difficoltà di concentrazione e stanchezza non giustificate da un carico di lavoro

6-irritabilità e frustrazione

7- senso di solitudine.

Esiste anche un tipo specifico di depressione, chiamato Disturbo Affettivo Stagionale, che è più comune durante l’inverno e che può essere associato al Natale, soprattutto per via della ridotta durata della luce diurna e del clima freddo.

La tristezza che può accompagnare il Natale può avere molteplici cause legate alla storia di vita della persona. L’importante è non sentirsi obbligati a partecipare a eventi o a interagire con persone con cui non ci sentiamo a nostro agio, solo perché pensiamo che a Natale non si debba stare da soli.

Sono state sperimentate delle strategie per non sentire la depressione natalizia?

Chiariamo subito che la tristezza non è solo il risultato della solitudine, bensì a una condizione più complessa, ecco perché le strategie per affrontarla possono essere varie. Partendo dalle decisioni più semplici è importante cercare supporto all’interno della famiglia. Allo stesso tempo non abbiamo paura di evitare situazioni chenon ci fanno stare bene, come cene con persone con cui non abbiamo un legame forte. Non è necessario mirare alla perfezione o alla felicità assoluta, ma semplicemente cercare di convivere con le difficoltà in modo consapevole, ricordando che ogni momento difficile ha un inizio e una fine, proprio come il Natale.

Uno psicoterapeuta mi potrebbe aiutare a capire la depressione natalizia?

Uno psicoterapeuta è in grado di comprendere l’umore che serpeggia nei nostri animi. E’ consigliato rivolgersi a un professionista se ci accorgiamo che abbiamo l’umore basso per diversi giorni e si è perso tutto l’entusiasmo per le attività quotidiane. Se si perde sonno o si è troppo irritabili, ci si sente stanchi e si hanno pensieri negativi o ci sentiamo in colpa per qualcosa che non riusciamo a definire. Ecco in questi casi è opportuno rivolgersi a un professionista.

Se desideri fare un colloquio con il nostro psicoterapeuta il dottor Giosué Salvato chiama lo 0444 564698 per prendere un appuntamento o visita il nostro sito cliccando qui.

Come gestire le allergie alimentari

Gli argomenti sull’allergia alimentare si stanno facendo più comuni, e il fenomeno non deve essere ignorato perché in realtà influisce milioni di persone. Queste reazioni immunologiche possono rivelarsi pericolose o persino fatali se non riconosciute e trattate adeguatamente. Tuttavia, le opinioni errate sono diffuse nella nostra società. Miti e pregiudizi potrebbero essere pericolosi ecco perché è importante saperle gestire. L’articolo fornirà una panoramica delle allergie, chiarirà i punti principali e spera di dare consigli utili sulla gestione di questa condizione.

Le allergie alimentari: definizione e sintomi

Un’allergia alimentare è una reazione che il corpo ha a una certa proteina che ne identifica il cibo come nocivo. Quando una persona allergica consuma una proteina contenuta in alcune quantità il cibo, l’organismo attiva nel caso una difesa immunitaria e produce una sostanza chimica chiamata istamina. Questi innescano una serie di sintomi che possono variare da lievi a grav

Queste manifestazioni hanno seguenti sintomi:

1-prurito e gonfiore della bocca, lingua e gola;

2- eruzione cutanea e orticaria;

3- disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea);

4- difficoltà respiratorie e respiro sibilante;

5- shock anafilattico. 

 

Le allergie alimentari più comuni includono latte, uova, noci,  grano e pesce. Tuttavia, qualsiasi alimento può teoricamente causare un’allergia. L’intensità della reazione dipende dalla sensibilità dell’individuo e dalla quantità di cibo ingerita.

 

Le cause e il crescente aumento delle allergie alimentari

 I motivi per cui il numero di persone con allergie al cibo è cresciuto negli ultimi decenni devono ancora essere studiati. Possono intervenire diversi fattori:

Fattori genetici: Le allergie alimentari tendono a essere più comuni in famiglie con una storia di allergie, asma o altre malattie autoimmuni. La predisposizione genetica gioca un ruolo importante nello sviluppo delle allergie alimentari.

Modificazioni ambientali: L’inquinamento atmosferico, il cambiamento nelle abitudini alimentari e l’esposizione ai pesticidi possono alterare il sistema immunitario, rendendo l’organismo più suscettibile alle reazioni allergiche.

Igiene e sistema immunitario: Teorie come quella dell’“ipotesi igienica” suggeriscono che la ridotta esposizione a microrganismi nelle prime fasi della vita possa indebolire il sistema immunitario, favorendo lo sviluppo di allergie.

 Alimentazione e stili di vita: La dieta moderna, ricca di cibi processati e povera di alimenti freschi e naturali, potrebbe contribuire all’aumento delle allergie. Anche la ridotta attività fisica e il maggiore stress possono influire negativamente sul sistema immunitario.

 

Miti e pregiudizi sulle allergie alimentari: la verità dietro le convinzioni errate

 Molte persone, sia tra i pazienti che tra i professionisti, hanno una visione distorta o incompleta delle allergie alimentari. È fondamentale sfatare alcuni dei miti più comuni per garantire una diagnosi precoce e una gestione adeguata della condizione.

Mito 1: “Le allergie alimentari colpiscono solo i bambini”

Le allergie alimentari non colpiscono solo i bambini. Sebbene sia vero che le allergie alimentari possano svilupparsi nell’infanzia, non è raro che si manifestino anche in età adulta. In effetti, circa il 45% delle allergie alimentari emergono negli adulti, con sintomi che possono essere meno evidenti o immediati rispetto a quelli tipici dei bambini.

Mito 2: “Le allergie alimentari sono simili alle intolleranze”

Molte persone confondono le allergie alimentari con le intolleranze. Mentre un’allergia alimentare coinvolge una risposta immunitaria che può essere pericolosa, un’intolleranza alimentare, come quella al lattosio, è una reazione digestiva che non implica il sistema immunitario. Le allergie sono solitamente più gravi, con sintomi che possono includere shock anafilattico, mentre le intolleranze sono meno pericolose.

 Mito 3: “Le allergie alimentari si superano con il tempo”

In alcuni casi, specialmente nei bambini, le allergie alimentari possono essere superate con la crescita. Tuttavia, molte allergie alimentari, come quelle al latte e alle uova, tendono a persistere anche nell’età adulta. In altre parole, non tutte le allergie sono destinate a sparire con il tempo.

Mito 4: “I cibi biologici sono sempre sicuri per chi ha allergie”

Anche i cibi biologici possono contenere allergeni. Il fatto che un alimento sia biologico non significa che sia privo di proteine potenzialmente allergizzanti. La sicurezza alimentare dipende da molti fattori, tra cui la contaminazione incrociata e la preparazione adeguata del cibo, non solo dal tipo di coltivazione.

Mito 5: “Le allergie alimentari sono rare”

Le allergie alimentari sono sempre più diffuse. Secondo stime recenti, circa il 6-8% dei bambini e il 4% degli adulti sono affetti da allergie alimentari. L’aumento della consapevolezza, insieme a una maggiore diagnosi, ha reso evidente quanto il problema sia sempre più diffuso.

 Come gestire le allergie alimentari

La gestione delle allergie alimentari può sembrare un compito arduo, ma con le giuste precauzioni è possibile vivere in sicurezza.

Ecco alcuni consigli pratici:

Educazione e consapevolezza: La conoscenza è il primo passo per proteggersi. Le persone con allergie alimentari e le loro famiglie devono essere educate sui rischi associati agli alimenti e su come riconoscere e prevenire una reazione allergica. Inoltre, è fondamentale leggere sempre le etichette degli alimenti, poiché l’allergene può essere nascosto in prodotti che non ci si aspetterebbe.

Evitare la contaminazione incrociata: Se si ha un’allergia alimentare, è importante evitare la contaminazione incrociata durante la preparazione dei pasti. Ad esempio, utensili e superfici devono essere ben puliti per evitare che tracce di allergeni contaminino gli alimenti sicuri.

Adrenalina sempre con te: anche se sembra un passo drastico, è fondamentale portare con sé sempre un autoiniettore di adrenalina, soprattutto se la tua allergia può provocare reazioni gravi come l’anafilassi. La sicurezza non è mai troppa. In caso di emergenza, un’iniezione tempestiva di adrenalina può davvero salvarti la vita.

Consultare un allergologo: Un allergologo può aiutare a identificare con precisione gli alimenti che causano allergie e a suggerire un piano di gestione personalizzato, che può includere anche test allergici.

Comunicare chiaramente in ristoranti e luoghi pubblici: Chi soffre di allergie alimentari deve essere in grado di comunicare chiaramente la propria condizione, anche quando mangia fuori casa. Questo significa informare il personale dei ristoranti riguardo le proprie allergie per evitare rischi inutili.

Conclusione su come gestire le allergie alimentari

Le allergie alimentari sono una realtà che non può essere ignorata, e la comprensione di queste condizioni è fondamentale per prevenire rischi per la salute. Con l’aumento della consapevolezza, le persone con allergie alimentari possono imparare a convivere con la condizione in sicurezza, riducendo al minimo i rischi grazie a un’adeguata educazione e alla gestione responsabile della propria alimentazione.

Prendi un appuntamento con la nostra allergologa la dottoressa Stefania Casanova cliccando su questo link appuntamento allergologa

La prevenzione gastroenterologica è un imperativo per la salute

Troppo spesso pensiamo alla salute quando è troppo tardi e ci pentiamo di non esserci presi cura di noi stessi, soprattutto quando le cose vanno bene. Abbiamo uno strumento che possiamo utilizzare a nostro favore, si chiama “prevenzione“. La prevenzione gastroenterologica è un imperativo per la salute.

Quella dell’apparato digerente, non interessa solo la parte a cui è correlata, ma interessa tutto l’organismo. La visita gastroenterologica, spesso sottovalutata, svolge un ruolo fondamentale per prevenire patologie che risultano a volte fatali.

A che cosa serve realmente una visita gastroenterologica?

Una visita gastroenterologica permette di monitorare e analizzare il funzionamento del tratto gastrointestinale, trattando patologie come il reflusso gastroesofageo, le ulcere, le malattie infiammatorie intestinali e, in casi più gravi, il cancro del colon e degli altri organi digestivi.

Attraverso una serie di esami mirati, il gastroenterologo è in grado di fornire una diagnosi precoce e di avviare eventuali trattamenti, riducendo il rischio di complicanz, ma soprattutto migliorando la qualità della vita del paziente.

Il valore della prevenzione non si limita solo agli aspetti clinici, ma coinvolge anche la dimensione umana.

Il gastroenterologo non è solo un esperto dell’apparato digerente, ma anche un professionista che può instillare fiducia e rassicurazione.

Affrontare problemi legati alla digestione può essere imbarazzante per molte persone. La figura del gastroenterologo diventa così fondamentale nel creare un ambiente di ascolto e comprensione. Attraverso un dialogo empatico, è possibile affrontare argomenti spesso tabù, come la stitichezza, la diarrea o la sindrome del colon irritabile, trasformando il consulto in un’opportunità per educare il paziente su stili di vita e abitudini alimentari più salutari.

In conclusione, la prevenzione gastroenterologica che è un imperativo per la salute, non va considerata un semplice optional o una visita da fare solo in presenza di sintomi allarmanti. E’ una parte integrante di una strategia di salute a lungo termine. Investire nella propria salute, se ci pensiamo è anche un gesto di responsabilità nei confronti di sé stessi e dei propri cari.

Non sottovalutiamo l’importanza di ascoltare il nostro corpo e agire con anticipo: un gastroenterologo esperto è pronto ad aiutarci in questo percorso, con competenza e umanità.

Se vuoi un appuntamento con il nostro gastroenterologo, il dottor Giuseppe Battaglia ti può riceve ogni martedì dalle ore 16.30 alle ore 18.30. Puoi prendere un appuntamento entrando direttamente nel nostro sito cliccando su prendi un appuntamento, oppure chiama il numero ☎0444 564698

Mindfulness e dolore cronico

Negli ultimi anni, la pratica della mindfulness ha guadagnato una crescente attenzione nel panorama della medicina integrativa, particolarmente nell’ambito della gestione del dolore cronico. Questa condizione, che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, è caratterizzata da un persistente dolore fisico, che può essere il risultato di patologie diverse, come l’artrite, la fibromialgia o le neuropatie, e che spesso incide negativamente sulla qualità della vita.

Quali sono le cause del dolore cronico?

Il dolore cronico può derivare da molteplici cause, tra cui lesioni tissutali, infiammazione persistente e alterazioni neurobiologiche.

Le risposte agli interrogativi più recenti suggeriscono che il sistema nervoso centrale possa “imparare” a percepire il dolore in modo disfunzionale, amplificando segnali nocicettivi anche in assenza di stimoli fisici evidenti. Questo fenomeno è noto come sensibilizzazione centrale e rappresenta una sfida significativa nella gestione terapeutica del dolore.

Le implicazioni psicologiche, quali ansia e depressione, giocano un ruolo cruciale nell’esperienza del dolore cronico, contribuendo a una spirale negativa che può aggravare la condizione del paziente. È in questo contesto che la mindfulness emerge come una potenziale soluzione.

Mindfulness: un approccio integrato

La mindfulness, o “consapevolezza”, si riferisce a una pratica meditativa che promuove un’attenzione focalizzata sul momento presente, senza giudizio. Essa incoraggia un rapporto sano con le proprie sensazioni corporee e con le emozioni, offrendo strumenti per affrontare il dolore in modo più efficace.

Studi scientifici hanno dimostrato che programmi di mindfulness possono ridurre significativamente l’intensità del dolore percepito e migliorare la qualità della vita dei pazienti.

Attraverso tecniche di meditazione, respirazione consapevole e rilassamento, i pazienti imparano a modulare la loro reazione al dolore, riducendo l’ansia e migliorando la gestione dello stress.

Mindfulness Vs medicina convenzionale?

Non dobbiamo fare confusione. La ricerca evidenzia che la mindfulness non si propone come sostituto delle terapie farmacologiche tradizionali, piuttosto come un valido complemento. In un contesto clinico, può essere integrata in programmi di terapia comportamentale cognitiva e altre forme di riabilitazione, per ottimizzare gli esiti terapeutici.

Diversi trial clinici hanno dimostrato un miglioramento significativo nei punteggi di dolore e nelle misure di funzionamento quotidiano nei pazienti che partecipano a corsi di mindfulness.

In conclusione

In un’epoca in cui l’approccio al dolore cronico tende a essere sempre più multidisciplinare, la mindfulness si configura come una risorsa preziosa. Essa offre non solo strumenti per la gestione del dolore, ma promuove anche un atteggiamento di accettazione e di riconnessione con il proprio corpo. Pur non essendo una panacea, la mindfulness rappresenta un passo avanti verso una comprensione più profonda e umana del dolore, invitando i pazienti a diventare attori attivi nel proprio percorso di cura.

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